Il leader: un faro nella notte

Oggi ho avuto un interessantissimo dialogo con Mauro Cerni, professionista nel settore HR. Fino a qualche giorno fa non ci conoscevamo e, fino ad oggi, non avevamo mai parlato.

Dalle prime parole ho avuto subito l’impressione di sentirmi in sintonia: parlavamo la stessa lingua! Infatti, in pochi minuti ho iniziato a raccontargli le mie esperienze e i miei sogni professionali.

Lui mi ha ascoltato e ha immediatamente alzato il livello della conversazione con due frasi che porterò con me per molto tempo.

  1. Sai, noi HR, siamo come un faro nella notte“;
  2. “Ho letto il tuo articolo sulla Vision e ti chiedo: ci credi davvero che servano i leader? E, se ne sei sicuro, quanti leader credi debbano esserci in un’organizzazione?”

Queste domande sono molto intelligenti perché mi hanno provocato.

Pro-vocato: “chiamato fuori”. Ho dovuto dare le mie ragioni scoprendo le mie carte sin da subito ed ho dovuto necessariamente parlare di me.

La mia esperienza professionale e la mia storia personale mi hanno insegnato che i leader servono, eccome.

Io ho un continuo bisogno di avere un punto di riferimento. 

Perché? 

Perché sono una pecora da gregge?

Oppure perché ho bisogno di migliorare continuamente?

Sono estremamente convinto che, se miglioro, ho l’opportunità di far notare il mio miglioramento e, quindi, di ispirare il miglioramento del mio collega, del mio vicino, del mio “prossimo”.

In questi giorni di remote working, inoltre, sto ragionando molto sul secondo punto della mia personale Vision che è strettamente connesso al concetto di ascolto nella leadership.

Desidero un luogo in cui la vera sfida sia quella di ascoltare le persone, entrare in relazione con loro, dialogare con passione“.

Il tema dell’ascolto è uno degli aspetti della mia professione che mi affascinano di più. Perché?

Perché è quello più difficile e, allo stesso tempo, più semplice.

Il vero leader, infatti, ascolta prima di ispirare.

Ascolta, prima di agire.

Quando ascolto, entro in sintonia con chi mi parla, sono tutto teso a ciò che mi dice. L’ascolto non è un atteggiamento passivo, ma implica allenamento, impegno ed azione.

Ascoltare vuol dire guardare negli occhi chi mi parla (e quando non si tratta di un collega con cui ho affinità è davvero dura) e prendersi del tempo per dare una risposta.

Cadiamo spesso nella tentazione di dare una risposta impulsiva all’interlocutore per fare emergere il nostro Io o per paura di risultare “impreparati”, oppure per difendere un nostro territorio.

Troppo spesso i rapporti tra colleghi sono conflittuali perché il pensiero dominante è quello di dover primeggiare a tutti i costi e far vedere che non ci facciamo mettere i piedi in testa da nessuno.

Il leader, dopo aver ascoltato, si mette in discussione e coinvolge.

Cresce e fa crescere.

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