Appalti: una vita tra “odi et amo”

A cura di Vincenzo Laudani

Sono Vincenzo Laudani. Sono nato a Catania nel 1994 e ho 27 anni. Il che, a molti, sembrerà significare che sono giovane, ma io già mi sento vecchio nel contare gli anni (e d’altronde “il vecchio” è sempre stato il mio soprannome, a tal punto che qualcuno all’università era convinto che mi chiamassi Vincenzo Vecchio).

Ho iniziato a fare gare d’appalto a 25 anni, più per caso che per destino, ma in qualche modo ho sempre sperato che nel secondo ci fosse questo.

La prima gara d’appalto la ricordo come una delle esperienze più belle e più brutte della mia vita. Bella perché avevo sempre desiderato farle. Non saprei neanche dire il perché. Forse, come tutte le passioni, per quanto si provi a razionalizzarle, alla fine è più un qualcosa di emotivo che di razionale. Brutta, perché non ne avevo mai fatta una ed ero terrorizzato dalla possibilità di fare errori. Non ci dormivo la notte, avevo sempre l’impressione che mi stesse sfuggendo qualcosa, controllavo continuamente sentenze, dati, rileggevo gli atti. Eppure, non saprei dire perché, mi piaceva anche questo. Quella tensione continua, l’elaborazione di strategie, soluzioni, ideare come gestire un servizio per una pubblica amministrazione, contattare fornitori per avere preventivi e fare calcoli dei costi, mi piaceva.

Mi piace ancora oggi, e infatti dopo ho continuato a farne, come consulente e come persona in organico.
Le faccio ancora e spero di poterle fare per tanti anni a venire. Perché? Perché mi piace.

Molti miei amici credo non abbiano capito cosa faccio nelle mie giornate, o quasi lo disprezzano, convinti che sia un lavoro da oscuro burocrate dedito solo a scrivere documenti. In realtà è molto altro. Da quei documenti da oscuri burocrati può dipendere la vita o la morte di un’impresa, può dipendere licenziare dei dipendenti o assumerne di nuovi, può dipendere il fallimento o la possibilità di fare nuovi investimenti. Ma da quei documenti dipende anche la possibilità per la Stazione Appaltante di avere il migliore offerente, perché piccoli errori possono condurre all’esclusione, e l’esclusione significa che il contatto magari andrà ad un’impresa che realizzerà un pessimo lavoro anziché ad un’altra.

Perché questo mondo oscuro si traduce in contratti. Si traduce in scuole, strade, cantieri, siti informatici dell’Amministrazione, strutture ospedaliere, si traduce in tante cose.

Quando guardate un lavoro buon fatto, quando guardate un cantiere, pensate che dietro ci sono stati questi oscuri burocrati. Pensateci quando il lavoro vi sembra fatto bene, ma pensateci anche quando è fatto male, perché tutto quello che è successo, la selezione del contrante, la scelta di chi rende il servizio è passato dalle carte di oscuri burocrati, di chi lavora per le imprese e di chi lavora per le Amministrazioni.

Se questo lavoro viene fatto con passione, se chi fa questo lavoro ha a cuore l’interesse privato e l’interesse pubblico (non sempre confliggono, anzi), la buca stradale forse non comparirà al primo temporale ma dopo anni. Noi che stiamo dietro le quinte siamo attori, nel nostro piccolo, di questi grandi processi, nel bene e nel male. E forse è questo ciò che ha fatto appassionare un ragazzo di 25 anni a questo mondo, a tal punto da cercare di farne il proprio destino.

O forse, come dicevo, all’inizio, è come un’infatuazione: non c’è un perché ma capita, con la speranza che dietro l’immagine dell’amata idealizzata non ci sia l’orrore. E io non l’ho trovato, ad oggi. Nonostante le imprecazioni, le corse, i batticuori, non l’ho trovata.

3 commenti su “Appalti: una vita tra “odi et amo””

  1. Caterina Malavadi

    Grazie Vincenzo, per la tua passione. Finiti gli studi qualcuno direbbe: da qualche parte bisogna pur cominciare.. Meglio farlo per passioni, diventa tutto meno pesante e forse ci permetterà di diventare tasselli più o meno importanti nel raggiungimento di grandi obbiettivi.

  2. Bell’autoritratto Vincenzo. In effetti, questo lavoro è bianco o nero, lo fai solo se ti piace. Se non ti piace, meglio farsi da parte per non arrecare danni agli altri, impresa o stazione appaltante che sia.
    In bocca al lupo per il futuro.

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