Se anche rallento non mi fermo

Spoiler: oggi non ti parlo di appalti.

Ti parlo di me.

Voglio confidarti una cosa.

Da quando ho iniziato l’avventura di #vitadagara, scrivere e comunicare sono diventati per me una sorta di “vocazione”: sento una responsabilità perché non parlo solo a me stesso, ma mi rivolgo a persone che si identificano in ciò che scrivo.   

In questo periodo il cammino è stato entusiasmante: ho conosciuto centinaia di persone e con alcune  di loro sono anche entrato in rapporto.

Ciò che mi ha colpito, sin da subito, è il senso di appartenenza maturato in noi. 

“Noi di #vitadagara” desideriamo appartenere a “qualcosa” di unico.

A qualcosa che ci consenta di vivere in maniera più consapevole il nostro lavoro quotidiano nel mondo delle gare d’appalto.

Questo, per me, è una community.

Un luogo in cui le persone si sentono comprese, dove condividono le proprie emozioni e nel quale si sostengono.

Non è un semplice punto di aggregazione, o un collettore di profili social che si commentano tra di loro, oppure un gruppo di colleghi sparsi per l’Italia che si scambiano pareri sull’art. 80 del D.Lgs. n. 50/2016.

In poche parole: far parte di questa comunità significa desiderare di essere felici. 

Anche mentre si legge un noioso capitolato.

Far parte di #vitadagara non è semplice. D’altronde non è semplice nemmeno fare una passeggiata in montagna. Si fa fatica, c’è la salita dura e si può andare in debito d’ossigeno.

Ma quando arrivi in alto e guardi l’immensità dell’infinito, capisci che ne è valsa la pena.

Vivere una #vitadagara vuol dire questo.

Ho scoperto di avere questa sete di felicità da sempre. 

Qualche giorno fa, rovistando tra i miei vecchi quaderni scolastici ho trovato un foglio spiegazzato: era un mio tema delle medie (anno scolastico 1994/1995).

L’ho preso e, pieno di curiosità, mi sono messo a leggerlo.

Ti propongo uno stralcio che mi ha colpito.

Se non ti soffermi sullo stile un po’ incerto, vedrai che emerge, con tutta la sua forza, il desiderio – forse un pochino utopico – di questo ragazzino di 13 anni.

Il tema aveva come titolo “Più oltre”.

Esordisco così:

Andare “più oltre”, secondo me, significa non fermarsi mai” e, ad un certo punto, affermo: “Per me significa, anche, fare una cosa con gusto e non farla solo perché mi è stata chiesta, ma cercando di cogliere l’aspetto più bello e positivo che si può trovare in essa. Per l’essere umano, infatti, è impossibile vivere senza lo stimolo di un “di più”, perché, per natura, è sempre alla ricerca continua”.

Ecco, qui c’è tutto Sacha.

Una persona che ha un grande desiderio, un grande ideale ed una sete insaziabile di assoluto e di infinito.

Tutte le cose che fanno parte della mia vita (famiglia, lavoro, amicizie e impegni) sono vissute, da parte mia, con questa insaziabile voglia di felicità e con enorme passione.

Anche con #vitadagara c’è questo: mi batto affinché i miei colleghi, i miei contatti, i membri di questa community siano felici in quello che fanno tutti i giorni.

Quindi, ho cominciato a scrivere contenuti, pubblicare meme, girare video su Youtube, fare delle dirette social, organizzare raduni e rilasciare interviste senza sosta.

Mi muovevo così di corsa perché mi sentivo investito dalla responsabilità di cui ti ho parlato prima.

Non comunicare qualcosa costantemente mi sembrava venire meno a questa responsabilità.

Ad un certo punto mi sono fatto prendere dalla frenesia di proporre contenuti sempre nuovi e sempre “brillanti”.

Tornavo a casa, dopo una giornata di lavoro, e mi chiedevo continuamente: “cosa propongo oggi?”, “di cosa parlerò nel prossimo video?”

Snaturando così, l’essenza stessa di questo blog/diario/rubrica.

Se #vitadagara serve per respirare, il primo che vuole trovare ristoro in questo luogo sono io.

Ho fatto un errore di valutazione.

In #vitadagara non c’è alcun bisogno di correre a 200 all’ora.

Non c’è nessuna scadenza, nessun termine perentorio, nessuna dead-line.

Credo che sia meglio proporre 10 contenuti pieni di valore, piuttosto che 100 ripetitivi e stancanti.

Ecco perché nelle ultime settimane i miei interventi online si sono praticamente azzerati.

Perché ho deciso di seguire il valore dei contenuti, non il numero degli iscritti ai miei canali social.

#vitadagara non è un “progetto”, è un modo nuovo di guardare le cose.

Il principio che mi muove in questi giorni è diventato questo: “Se anche rallento non mi fermo”.

Noi di vitadagara corriamo la maratona, non siamo dei centometristi.

Se fai parte della community hai un animo rivoluzionario, quindi non hai bisogno di essere bombardato da contenuti “acchiappa-like”, non voglio riempirti di call to action per farti diventare un numero tra gli altri numeri.

#vitadagara è un dialogo.

Tra me e te.

1 commento su “Se anche rallento non mi fermo”

  1. Caterina Malavadi

    Caro Sasha, condivido pienamente quanto hai scritto.
    Mi riconosco persino in quanto hai scritto nel tuo tema.
    Questa sete di conoscenza, di esserci sino in fondo.
    La vita da gara ci regala condivisione e appartenexa, che vale sempre, anche tra momenti di silenzio.
    Io per prima dopo giornate o settimane impegnative trovo ristoro nel silenzio.
    Grazie di tutto Sasha

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